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di cani, padroni e altri animali

A spasso con Zelda

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  • 24 giu
  • Tempo di lettura: 2 min

La comunità canina vacilla.

Da giorni Zelda e io non incontriamo nostri simili al parco che frequentiamo abitualmente. Il parco è ormai deserto e per strada automi accompagnano cani robot che camminano come droni da guerra verso l'obiettivo da colpire.

Individuato. Neutralizzato.

Si fermano a capannelli di due, massimo tre ai bordi dei marciapiedi agli incroci e si scambiano informazioni in codice guardandosi intorno con sospetto. I loro cani non si salutano, non si annusano, non scodinzolano. Tutto quello che Zelda farebbe loro molto volentieri.

Quando ci avviciniamo, i capannelli si sciolgono e ciascuno va in una direzione diversa, camminando lungo i muri dei palazzi, stando ben attento a non incrociare il nostro sguardo.

Forse sanno che Zelda è il luna park delle zecche e noi siamo considerati i giostrai.


Questa mattina in metropolitana ho incontrato Mario. Il nome è di fantasia per le possibili minacce da parte del resto della comunità canina.

Mario è un bellissimo bracco italiano, molto amico di Zelda. Quando ci incontriamo al parco, il suo padrone e io scambiamo sempre due parole, cordiali, di circostanza: niente di più.

Mario mi vede seduto tre o quattro posti indietro e punta per venire a salutarmi. Inizia una colluttazione al guinzaglio con il suo padrone che vorrebbe trattenerlo. Alla fine anche il padrone mi riconosce e lascia che Mario si avvicini per farmi le feste.

Iniziamo una tipica conversazione da parco che si esaurisce prima che il treno raggiunga la stazione successiva.

«Ma cosa è successo a tutti quanti?», fa lui cambiando decisamente tono.

«Non lo so. Tutto è iniziato quando ho scoperto che Zelda ha le zecche.»

«Anche Zelda ha le zecche?»

«Le ha avute. Credo si sia sparsa la voce.»

«Tutti vi evitano?»

«Sì, ci trattano da untori.»

«È successo anche a me.»

«E come ne sei uscito?»

«Non ho fatto niente. Ho aspettato che la paranoia passasse.»

«Che ci fai in metropolitana con lui?»

«Scherzi? Lo porto in un parco a sud della città dove non sono state trovate zecche. Da noi è pieno: pare sia colpa di un labrador nero.»


  • 10 giu
  • Tempo di lettura: 2 min

L’annuncio arriva un mese fa con un urlo che ha lacerato l’appartamento.

«Papà, papà! Ho una zecca sulla fronte!», urla l’adolescente di casa, correndomi incontro con le lacrime agli occhi.


Qualche giorno prima avevamo portato Zelda a camminare in campagna.

Aveva tutta la profilassi a posto ma una zecca poteva anche capitare.

Preleviamo la zecca dalla fronte e la neutralizziamo.

Un po’ di pianto, abbracci, pacche sulle spalle dell’adolescente e la crisi sembrava essere rientrata.


«Papà! C’è una zecca sul mio letto!», urla due giorni più tardi dalla sua camera il preadolescente di casa, avvezzo a ben altro cattivo gusto.

La situazione genera un’ondata di schifo in tutto l’appartamento.

Uhm. Davvero insolito.

Decidiamo di passare a un’ispezione approfondita delle stanze.

Cuscini, lenzuola, materassi, armadi, vestiti. Ogni superficie viene passata e ripassata. Ogni granello di polvere della dimensione di un Ixodida viene isolato, analizzato e neutralizzato con una passata di straccio e alcol.

Però non troviamo altro che polvere.


«Mi sento qualcosa che mi cammina sul collo», dico il giorno dopo seduto in poltrona.

Il livello di allarme passa a paranoia familiare.

Decidiamo per un attacco multi laterale. All’istante passiamo alla sterilizzazione del soggiorno e della cucina. Altri esemplari vengono trovati e neutralizzati.

Chiediamo alla veterinaria di fiducia quale strategia adottare: ripetere la profilassi? e quali sarebbero gli effetti collaterali? comprare un collare antizecche? dare fuoco all’appartamento?

Lei risponde con un laconico e misterioso “sì”. Punto.

Lascio la famiglia a fronteggiare l’invasione. Esco di casa volando a bassa quota davanti al portiere che mi guarda attonito. Alla farmacia notturna a due isolati compro il collare antizecche.


Al mio rientro il cuscino che fa da cuccia di Zelda è completamente sventrato come se ci si fosse divertita lei. Sul pavimento attorno ci sono centinaia di puntini neri sparsi in un ordine che sembra a caso ma a cui un matematico saprebbe trovare un ordine.

V. è in piedi con un fiammifero in mano.

Metto immediatamente in azione il collare e le zecche saltano dal pelo di Zelda come su un tappeto elastico. Zelda è il luna park delle zecche.


Ora è passato qualche giorno e il luna park sembra avere levato i tendoni.

Non abbiamo più trovat . aspetta! Ah, no: è un punto.

  • 2 feb
  • Tempo di lettura: 1 min

Di notte, in una piccola cuccia illuminata dalla luna, c’era una mamma labrador in attesa dei suoi cuccioli.

Ma una bella domenica mattina, quando si levò il sole, caldo e splendente, dalla cuccia - clack! - uscì una piccola labrador affamata…

Subito si mise alla ricerca di cibo.

Lunedì mangiò una pantofola ma non riuscì a saziarsi.

Martedì mangiò due scarpe ma non riuscì a saziarsi.

Mercoledì mangiò tre rotoli di carta igienica ma non riuscì a saziarsi.

Giovedì mangiò quattro guanti di lana ma non riuscì a saziarsi.

Venerdì mangiò cinque calzini ma non riuscì a saziarsi.

Sabato mangiò una cacca, un vaso di ceramica, una palla di gomma, una bottiglia di plastica, un fazzoletto di carta, una carcassa di uccello, una sedia, un tappeto, un ombrello e un echinocactus grusonii.

Alla sera aveva mal di pancia.

Il giorno dopo era di nuovo domenica. E la labrador si mise a mangiare il torsolo di un ananas.

Adesso non era più affamata, era proprio sazia e non si sentiva tanto bene.

Allora fu portata dal dottore, chiamato veterinario, e rimase là dentro per più di due ore. Poi, dopo che il suo padrone ebbe strisciata la carta di credito, si sentì subito meglio e…

… era diventata una labrador contenta.


(grazie a The Very Hungry Caterpillar di Eric Carle)

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