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di cani, padroni e altri animali
​

A spasso con Zelda

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  • 11 ott 2024
  • Tempo di lettura: 1 min

veterinario

/ve·te·ri·nà·rio/

Relativo alla cura degli animali domestici: scienza v.; medicina v. (più com. la veterinaria s.f. ).

  • Medico veterinario (o sempl. veterinario), medico che esercita la veterinaria.

    "v. provinciale"

Oxford Languages


Però quando vado dal veterinario, sembra che a essere curato debba essere io, non il mio cane.

I veterinari ci tengono a farti sapere che come fai sbagli.

I tuoi comportamenti sono sbagliati.

Tutti.

«Da mangiare le date secco o umido?»

«Secco»

Smorfia di sufficienza: «Sarebbe meglio alternare con l'umido».

«Che pappa mangia?»

«PuppyFort»

Smorfia di disapprovazione: «FortPuppy è meglio».

Alle sue spalle in corridoio, gli espositori di PuppyFort.

«Per la filaria le date...?»

Domanda trabocchetto.

«PuppyProtect».

Di nuovo la sufficienza: «Se le avete dato quello ormai... il nostro parassitologo consiglia ProtectPuppy».

Inizio a capire che qualsiasi cosa dirò, è un colpo di vanga che mi farà sprofondare più in basso.

«Questo collare va sostituito».

Volo basso: «Va bene».

«No, non va bene perché potrebbe provocare tracheiti croniche».

Porca miseria!, esclamo.

«Meglio la pettorina!»

Ma, penso, e la displasia alle anche?

«Le mettete una protezione quando esce?»

Uhm, sinceramente il cappotto al labrador... Sa, si tuffa nei fiumi gelati del Canada per recuperare le anatre, resisterà al clima di città.

Ma quello legge nel pensiero.

«Lo so. Lei pensa: "È un labrador, il Canada, le anatre!"».

Non so cos'altro mi dice... «...nata in estate... il grasso... il pelo... lo scudo... le anatre...».

Mi sembra che ormai deliri.

«È venuto in auto?»

«Sì»

«La parcheggi sull'altro lato della strada!»

?

«E venga in bicicletta la prossima volta! Farà bene anche a lei!»




  • 9 ott 2024
  • Tempo di lettura: 2 min

Zelda non ha mangiato per tutto il giorno, rifiutando anche quello che "a forza" abbiamo cercato di darle. Al telefono il veterinario suggeriva di intervenire con farmaci, gastroprotettori e fermenti lattici. E di cambiarle l'alimentazione. Quindi siamo usciti per procurarci la carne e le patate e le medicine necessarie. Ma Zelda ha rifiutato tutto.

A mano a mano che la giornata è trascorsa, Zelda perdeva tonicità e aveva smesso anche di bere.

A sera era visibilmente dimagrita: assomigliava più a un setter che a un labrador.

E aveva iniziato a tremare.

Verso mezzanotte ci siamo decisi a portarla all'ospedale veterinario, dall'altra parte della città.

Il cane, ci hanno detto, non doveva toccare terra perché era immunocompromesso e rischiava un qualche contagio. Sul tavolo poteva stare solo sulla traversina che le avevano predisposto.

D'altronde Zelda non aveva intenzione di muoversi da lì.

Abbiamo atteso e atteso. Sono venuti a misurarle la temperatura. Sono andati via senza dire niente. Noi abbiamo atteso nell'odore pungente di disinfettante misto a pappa ed escrementi. Poi sono venuti per farle l'emocromo e abbiamo atteso sotto la luce al neon. Poi l'hanno prelevata per farle una lastra all'addome e abbiamo atteso nel freddo dello studio.

Poi abbiamo atteso che, goccia dopo goccia, l'acqua della flebo finisse dalla bottiglia sotto la sua cute.

Poi sono tornati per consegnarci gli esiti degli esami.

«Il cane non ha niente. Forse una gastroenterite», ci hanno detto.

Siamo passati alla cassa. Zelda ha iniziato a frustarmi con la coda contenta. Ho strisciato la carta di credito e detto addio a una certa quantità di soldi. La veterinaria è tornata con un cucchiaio di pappa che Zelda ha mangiato di gusto, come se non fosse stata male tutto il giorno.

Devo procurarmi una di quelle macchinette che servono a strisciare le carte di credito, per ogni volta che Zelda si sentirà male. Così potrò curarla direttamente da casa.




  • 1 ott 2024
  • Tempo di lettura: 1 min

Il mondo si divide in due: quelli-che-hanno-il-cane e tutti gli altri.

Chi ha il cane, in genere, ha-il-cane. Nel senso che, a sentirli, parlano solo del loro cane.

Sono circa dieci anni che incontro sempre la stessa tizia all'incrocio sotto casa. A qualsiasi ora del giorno e in qualsiasi condizione atmosferica se ne va in giro con un akita inu arancione, imperscrutabile e cocciuto. Lo chiamiamo "Cane di Marmo" perché non si muove fino a quando scatta un click nella sua testa.

In dieci anni la padrona non ha mai ricambiato un saluto né c'è mai stato modo di scambiare due parole sul tempo. A dirla tutta non ha mai alzato lo sguardo dal suo cane per posarlo sui suoi simili. Perché lei è una che-ha-il-cane. Voglio dire: potrebbe passarle accanto la cosa più incredibile, un uomo al sesto mese di gravidanza, non alzerebbe lo sguardo perché lei-ha-il-cane. Le siamo passati accanto con bambini in fasce, vestiti da zucche ad Halloween, da renne la sera del 24 dicembre. Lei non ha mai alzato lo sguardo dal suo cane arancione.

Questa mattina ero con Zelda all'incrocio. Cane di Marmo era immobile sull'altro lato. È scattato il verde, gli siamo passati accanto. Padrona di Marmo si è animata.

Ora faccio ufficialmente parte del gruppo di quelli-che-hanno-il-cane.

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