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di cani, padroni e altri animali

A spasso con Zelda

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  • 10 giu
  • Tempo di lettura: 2 min

L’annuncio arriva un mese fa con un urlo che ha lacerato l’appartamento.

«Papà, papà! Ho una zecca sulla fronte!», urla l’adolescente di casa, correndomi incontro con le lacrime agli occhi.


Qualche giorno prima avevamo portato Zelda a camminare in campagna.

Aveva tutta la profilassi a posto ma una zecca poteva anche capitare.

Preleviamo la zecca dalla fronte e la neutralizziamo.

Un po’ di pianto, abbracci, pacche sulle spalle dell’adolescente e la crisi sembrava essere rientrata.


«Papà! C’è una zecca sul mio letto!», urla due giorni più tardi dalla sua camera il preadolescente di casa, avvezzo a ben altro cattivo gusto.

La situazione genera un’ondata di schifo in tutto l’appartamento.

Uhm. Davvero insolito.

Decidiamo di passare a un’ispezione approfondita delle stanze.

Cuscini, lenzuola, materassi, armadi, vestiti. Ogni superficie viene passata e ripassata. Ogni granello di polvere della dimensione di un Ixodida viene isolato, analizzato e neutralizzato con una passata di straccio e alcol.

Però non troviamo altro che polvere.


«Mi sento qualcosa che mi cammina sul collo», dico il giorno dopo seduto in poltrona.

Il livello di allarme passa a paranoia familiare.

Decidiamo per un attacco multi laterale. All’istante passiamo alla sterilizzazione del soggiorno e della cucina. Altri esemplari vengono trovati e neutralizzati.

Chiediamo alla veterinaria di fiducia quale strategia adottare: ripetere la profilassi? e quali sarebbero gli effetti collaterali? comprare un collare antizecche? dare fuoco all’appartamento?

Lei risponde con un laconico e misterioso “sì”. Punto.

Lascio la famiglia a fronteggiare l’invasione. Esco di casa volando a bassa quota davanti al portiere che mi guarda attonito. Alla farmacia notturna a due isolati compro il collare antizecche.


Al mio rientro il cuscino che fa da cuccia di Zelda è completamente sventrato come se ci si fosse divertita lei. Sul pavimento attorno ci sono centinaia di puntini neri sparsi in un ordine che sembra a caso ma a cui un matematico saprebbe trovare un ordine.

V. è in piedi con un fiammifero in mano.

Metto immediatamente in azione il collare e le zecche saltano dal pelo di Zelda come su un tappeto elastico. Zelda è il luna park delle zecche.


Ora è passato qualche giorno e il luna park sembra avere levato i tendoni.

Non abbiamo più trovat . aspetta! Ah, no: è un punto.

  • 2 feb
  • Tempo di lettura: 1 min

Di notte, in una piccola cuccia illuminata dalla luna, c’era una mamma labrador in attesa dei suoi cuccioli.

Ma una bella domenica mattina, quando si levò il sole, caldo e splendente, dalla cuccia - clack! - uscì una piccola labrador affamata…

Subito si mise alla ricerca di cibo.

Lunedì mangiò una pantofola ma non riuscì a saziarsi.

Martedì mangiò due scarpe ma non riuscì a saziarsi.

Mercoledì mangiò tre rotoli di carta igienica ma non riuscì a saziarsi.

Giovedì mangiò quattro guanti di lana ma non riuscì a saziarsi.

Venerdì mangiò cinque calzini ma non riuscì a saziarsi.

Sabato mangiò una cacca, un vaso di ceramica, una palla di gomma, una bottiglia di plastica, un fazzoletto di carta, una carcassa di uccello, una sedia, un tappeto, un ombrello e un echinocactus grusonii.

Alla sera aveva mal di pancia.

Il giorno dopo era di nuovo domenica. E la labrador si mise a mangiare il torsolo di un ananas.

Adesso non era più affamata, era proprio sazia e non si sentiva tanto bene.

Allora fu portata dal dottore, chiamato veterinario, e rimase là dentro per più di due ore. Poi, dopo che il suo padrone ebbe strisciata la carta di credito, si sentì subito meglio e…

… era diventata una labrador contenta.


(grazie a The Very Hungry Caterpillar di Eric Carle)

  • 19 dic 2024
  • Tempo di lettura: 2 min

Quei giorni d'autunno in cui piove che anche Zelda dal suo cuscino ti guarda di sbieco con un solo occhio, giusto per capire se hai davvero intenzione di uscire con lei.

Tu sei lì in piedi che tentenni, tra l'esco e il non esco, preoccupato solo che, se decidi di non portarla fuori ora attendendo un miglioramento meteo, al tuo rientro potresti trovarla che scava sul soffitto o il lampadario ridotto in scaglie di metallo di un centimetro per uno.

Quindi decidi di portarla.

Cerchi le scarpe resistenti, l'impermeabile, i pantaloni antipioggia, la cuffia, i guanti e anche l'ombrello. Sotto sei vestito come un normale giorno di lavoro in redazione. Sopra come se dovessi affrontare Milton, l'uragano.

Nel giro di pochi metri, Zelda si trasforma in un cane con le squame come se stesse nuotando nel Potomac. Quando è ora di rientrare non stai più portando un cane anatra al guinzaglio ma una pozzanghera, un intruglio di acqua, fango, mozziconi, cicche calpestate, tovaglioli di carta marci, scontrini lerci, residui di copertoni.

Nella lobby del palazzo il portiere vorrebbe ucciderti e buttarti nella bocca della caldaia condominiale mentre Zelda lascia una traccia marronenera gocciolando dall'ingresso alle porte dell'ascensore. Per non parlare della chiazza che lascerà nell'ascensore e che lentamente si allargherà sulla tappezzeria che lo riveste.

Avete affrontato indenni l'uragano Milton, ora siete davanti alla porta di casa. Prima di entrare, devi asciugare Zelda con un asciugamano grande da doccia, la frizioni, la strigli, mentre la pioggia accumulata sul tuo impermeabile ricade a gocce su di lei, dando avvio a una specie di ciclo perpetuo dell'acqua. Ripassi con un secondo asciugamano perché non le venga la sindrome della coda rotta. In questi frangenti ti ricordi le parole del tuo veterinario isterico che pretendeva tu comprassi un cappotto per Zelda quattro mesi fa, in piena estate.

Ora puoi toglierti tutto quello che hai addosso. Lo metti ad asciugare, ti cambi ed esci per andare in redazione.


Quei giorni d'autunno in cui piove, quando porti A. a scuola e vai a prendere A. all'uscita da scuola, organizzi gli spostamenti per permettere loro di partecipare alle attività extra del pomeriggio, lo sport, la musica, il teatro, affronti la tua normale giornata di lavoro, pianifichi gli impegni dei giorni successivi, fai la spesa, torni a casa, prepari la cena e a fine giornata siete tutti riuniti attorno al tavolo e A. chiede:

«E tu che cosa hai fatto oggi?»

E tu fai: «Oh, ho portato fuori Zelda».

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